Dinosaur X

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Non dev’essere del tutto incidentale che, una volta citati per danni da una band di vecchi hippy, J Mascis e soci abbiano messo il suffisso “Junior”. Rende l’idea d’impotenza davanti all’uso di un’istituzione, quella giudiziaria, che la generazione precedente, quella dei baby boomers, aveva contestato e poi utilizzato per proteggere i proprio privilegi. Alle spalle dei “baby boomers” e’ passata del tutto inosservata, considerata poco piu’ che un incidente di percorso, la “tredicesima” generazione americana (secondo un sistema convenzionale di contare le generazioni): quella dei giovani nati fra il 1961 e il 1981.

Sono stati ironicamente battezzati “baby busters”, sottintendendo piu’ di un semplice antagonismo demografico, oppure “Generation X”, un’espressione resa celebre dall’omonimo libro di Douglas Coupland, ad indicare una generazione senza identita’, senza nulla di rilevante da dire.

La loro non e’ auto-commiserazione, e’ una forma di impotente rassegnazione al proprio destino universale di “sconfitti”. Ed e’ anche, ovviamente, un modo per esorcizzare quel destino.

Se negli anni ’60 la frattura generazionale fra i baby boomers e i loro genitori (la cosiddetta “silent generation”) fu un fatto violento, che rimise in discussione l’intero sistema di valori dello stile di vita americano, oggi quella fra baby boomers e baby busters e’ un fatto molto piu’ subdolo, ma non meno traumatico e non meno ricco di conseguenze. In una parola l’atteggiamento dei baby busters verso i loro predecessori e’ di disprezzo.

I baby busters sono cresciuti in un mondo che e’ ossessionato a livelli di paranoia collettiva da valori come: la pace, l’ambientalismo, il ritorno ai valori tradizionali, la spiritualita’ , l’ottimismo. Sono sottoprodotti dei baby boomers, che crescendo hanno trasformato le proprie origini libertarie e fabbricato una industria di valori ideologici a proprio uso e consumo. Nei college degli anni ’90, invece, prevalgono cinismo, materialismo, distacco, amore della tecnologia, fascino della guerra e un pessimismo di fondo.

Se la generazione dei baby boomers era cresciuta in pieno boom economico con il massimo delle aspettative, la generazione X sta crescendo in piena recessione con il minimo delle aspettative: il problema non e’ piu’ quello di diventare un altro Bill Gates, e’ quello semplicemente di trovare almeno un posto di lavoro come commesso al negozio sotto casa. Il loro mondo e’ un mondo afflitto dalla pestilenza dell’AIDS , dall’inquinamento, dal buco dell’ozono, dal debito pubblico , dalla droga , dagli omicidi , tutti problemi lasciati alle loro spalle dai baby boomers.

Scrittori come Doug Coupland, Shann Nix, Brett Easton Ellis (il cui “Less Then Zero” potrebbe essere il primo affresco generazionale dei baby busters), Nancy Smith, Steven Gibb, Eric Liu, Gael Fashingbauer, David Bernsteis, Robert Lukefahr, Ian Williams esprimono nella loro prosa tutto il fastidio che i baby busters provano per la civilta’ dei baby boomers. L’umore della generazione X viene pero’ colto soprattutto dalle “sitcom” degli anni ’90, molte delle quali sono indirizzate specificamente a quel pubblico.

Il grosso della cultura dei baby boomers di oggi e’ ispirato alla filosofia del “new traditionalism”, ovvero un ritorno ai valori tradizionali ma salvaguardando le conquiste sociali, economiche e tecnologiche che sono state rese possibili rinnegando quei valori. E’ il terzo voltafaccia di quella generazione, gia’ passata, come scrisse Todd Gitlin, dal “je accuse” allo jacuzzi (ovvero dal periodo hippie a quello yuppie), e infine arrivata a un’illuminazione di stampo ascetico con la new age.

I baby busters hanno imparato che i debiti dei loro genitori superano i loro averi e che pertanto loro, i figli, passeranno la vita a ripagare quei debiti. La vita che i loro genitori stanno costruendo per loro e’ “ovviamente” sempre peggiore, sempre piu’ violenta e sempre piu’ povera.

Nulla di cio’ che stanno facendo i baby boomers puo’ indurre all’ottimismo i baby busters. Persino l’etica apparentemente immacolata dei baby boomers di oggi presenta dei risvolti che la fanno sembrare pericolosamente neo-puritana e fondamentalista: l’idea di punire duramente chi inquina, chi non paga le tasse, chi commette qualsiasi crimine (le nuove battaglie di quella generazione, adesso che deve proteggere la propria esistenza borghese) mira certamente a costruire una societa’ piu’ giusta, ma rischia di tradursi in una sorta di societa’ “orwelliana”.

I baby busters si considerano degli agnelli sacrificali nelle mani dei nuovi sacerdoti del tempio. Il loro curriculum e’ una strage: nati alle prime madri che prendevano la pillola per non averli e che dovettero andare a lavorare per mantenerli, educati da quelle che sono diventate le scuole medie meno efficienti del mondo industriale, affidati ai servizi sociali (pensioni, assistenza medica) piu’ carenti del mondo occidentale, punk, tossicodipendenti e minacciati dall’AIDS: i baby busters crescono nel mondo peggiore che si possa immaginare.

dinosaur-jr-1985I baby boomers crebbero nel mondo migliore che si potesse immaginare, fatto di famiglie perfette, scuole perfette, servizi sociali perfetti, comunita’ perfette.

Il regista di boyhood, Richard Linklater ha riassunto l’atteggiamento dei baby busters con il termine “aggressive nonparticipation”, che ben rende l’idea di questa generazione disgustata dal mondo in cui deve vivere ma al tempo stessa privata (per tante ragioni) della motivazione a cambiarlo.