Lou Reed, il Pierrot lunare di New York



Lou Reed si era specializzato a raccontare piccole storie e a svelare segreti metropolitani come i graffiti ad un turista a spasso per il Bronx. Nel 1988 era un Pierrot Lunaire sopravvissuto alla decadenza di New York, città simbolo di tutte le nevrosi metropolitane ante litteram: velocità, alienazione, marginalità. Era riuscito a descriverla dai bassifondi vellutati dall’eroina degli anni sessanta con Warhol. Aveva attraversato il glam degli emarginati: checche che si fanno rimorchiare, travestiti, cowboy di mezzanotte con pantaloni attillati e stivali a punta nei settanta della città in bancarotta.
Gli ottanta l’avevano visto galleggiare fino ad un album dedicato a New York che lo rilanciò alla grande. Era sempre rimasto nei “tre accordi tre” del rock and roll, più che sufficienti ad accompagnare le parole di uno che aveva vissuto, probabilmente, tutto quello che aveva raccontato. Il crescente materialismo e la volgarità della vita del tardo 20° secolo e la fuga dell’artista in un mondo interiore. La ricerca di una purezza senza ostacoli, di una libertà dell’anima, ottenuta spesso attraverso l’alterazione sensoriale, tramite l’estasi della musica o delle droghe. La decostruzione dell’amore romantico, esplorato personalmente con un candore scientifico crescente sul sesso. La dissipazione della genialità, per consunzione, che porta alla facile equazione, arte moderna = degenerazione. L‘assunzione di un onere religioso dall’artista moderno, e la sua conseguente ascensione come profeta. La trasmutazione dell’arte in un ermetismo, attraverso il quale può essere arricchita con valore sacro, risparmiando lo sguardo del piccolo borghese, e affrontare le incongruenze dissonanti della vita moderna, infine, l’indebolimento di tutta l’impresa con autoironia e ironia, mettendo lo stesso processo creativo in dubbio.

Era ormai riuscito ad emanciparsi dall’immagine del Pierrot decadente, quando a partire dalla morte del suo antico mentore Andy Warhol, i pochi amici che era riuscito a mantenere, sparivano uno dopo l’altro, condannandolo a rientrare nei ranghi del cantore, sempre più cupo impossibilitato ad avere una visione complessiva individuale in un ambito così complesso.