Il deserto interiore dei Thin white rope


Rock del deserto e che vuol dire? Dei Thin white rope si diceva che facessero rock del deserto ma il deserto, quello della California, era distante parecchie miglia da Davis, loro cittadina d’origine… E allora? Tra l’altro, questa volta non stiamo parlando di una metropoli alienante ma di una piccola città universitaria, con un numero di studenti paragonabile a quello degli abitanti. Forse la desertificazione era più mentale che reale e l’ambiente culturalmente vivo dell’università di Davis, da dove fuoriuscirono i nostri eroi, non era immune da massicce dosi di angoscia esistenziale. Kyser, cantore commosso e dolente di un dramma generazionale, un momento di raccoglimento e ripensamento, in cui le umili vite private dei “kids” di provincia prendevano il sopravvento sullo schifo pubblico, canta in un registro roco e sgolato da cercatore d’oro rimasto senz’acqua nel deserto. L’immmagine dei campus americani è infatti quella di un piccolo eden, strutture moderne ed efficienti, campi sportivi, auditorium e stazioni radio. A Davis è un po’ diverso, causa le piccole dimensioni, il campus è inserito pienamente nelle dinamiche urbane e ne influenza la vita. I quattro infatti abitavano in una casa di studenti che spesso e volentieri diventava luogo per house concert.

Il posto divenne famoso come “Pirate house” e molti dei gruppi che passavano per Davis suonavano lì. Ovviamente i vicini cominciarono a protestare, i concerti erano illegali e presto cominciarono a richiamare un consistente numero di persone. D’altronde non è che venticinquemila studenti possano solo studiare, no? Insomma, il vecchio detto della botte piena e della moglie ubriaca, con metà degli abitanti che lavorano per l’istituzione accademica e pretendono che non ci siano “inconvenienti” con gli studenti…