Slayer, terror rock messo a valore

untitled-12Gli Slayer riuscirono, in pochi anni, a superare tutte le barriere dell’horror suonato. La loro non e` in effetti musica dell'”orrore”, ma musica del “terrore”; è uno studio patologico del terrore inflitto da uomini ad altri uomini, e le atmosfere plumbee delle loro canzoni non fanno che sottolineare la fondamentale cupezza dell’esistenza umana, condannata a vivere di tale odio. L’horror patologico degli Slayer trae alimento dalla realta`, dalla storia stessa dell’umanita`. La passione per l’horror rock è incomprensibile ai più, eppure bruciante, assoluta, per un idolo dai mille volti, tenebroso nei suoni e nei nuclei tematici, una musica che può arrivare a fissarsi come un chiodo duro e arrugginito al centro della fronte. È proprio la tensione totalizzante che scaturisce da certe sonorità estreme, nella forma e nei contenuti, a trasformarle in tendenze, stili di vita sino a farle considerare come “sospette”.

È solo rock ‘n roll la musica degli Slayer? E’ simultaneamente ricettacolo e spettacolo, grafica e lirica, poesia e profezia . Attingendo dal gotico al thriller, dal metafisico allo splatter, dall’alieno al necrofilo, l’horror rock contemporaneo è in grado di condannare o celebrare un’epoca che ogni giorno di più appare come la discesa entropica terminale.
Dunque, è possibile ancora oggi liquidare tutto un filone musical-culturale come roba tamarra, fuori tempo, criminogena, idonea a ragazzini nerd cerebrolesi, insicuri e sociopatici? L’horror in generale è da sempre vittima di preoccupazioni eccessive da parte di una censura bacchettona e arretrata come accadde nel il caso de “L’Esorcista” di Friedkin. Se poi parli di “horror rock” le cose si fanno ancora più disarmanti: possibile che al giorno d’oggi non si riesca ancora a distinguere la finzione dalla realtà? Gli Slayer sono andati incontro, nella loro lunga carriera, agli stessi fraintendimenti delle gothic tales anglosassoni, del mito faustiano e di quello vampirico, da Edgar Allan Poe a Frankenstein.

Gli Slayer hanno attraversato tutti i “campi minati” possibili, attraverso il crimine violento, gli assassini seriali, la necrofilia e le fisime per l’occulto, il loro rock eredita le gesta di personaggi storici come Erzebeth Bathory, Gilles De Rais e Jeff Dahmer, assurgendo a mostra dei fenomeni più controversi della realtà ed esplodendoli nel magma sonico dell’heavy metal, che del rock oscuro rappresenta il volto più aggressivo e socialmente disapprovato. Del metal, la cultura mainstream continua a confondere le band che trattano l’orrore corporeo e quelle di vocazione satanica, letteralizzando i significati, spogliandoli di una malcelata ironia quasi sempre presente, ignorando le differenze sostanziali tra sottogeneri come il death, il grind core e il black metal, che più di altri hanno istigato le furie censorie.
Va detto che i casi di omicidi (il caso Vikernes/Euronymous in Norvegia), suicidi (Dead dei Mayhem e Jon dei Dissection), scomparse, incendi di edifici religiosi, aggressioni omofobe, provocazioni in odore di nazionalsocialismo proprio degli Slayer, nonché il confuso intruglio ideologico di contemplazione panica, satanismo e atavismi risorgenti che accompagnano di tanto metal estremo, non hanno certo facilitato una corretta interpretazione del fenomeno, non frenando tuttavia la corsa degli Slayer ad un successo di vendite paragonabile a quello di pop star ben più innocue. Il meccanismo è chiaro: si tratta di generi musicali che un po’ per inclinazione ribellistica, un po’ per sensazionalismo, traggono il proprio fuoco dai tabù, dalle fobie, dal nichilismo sociale e da un’estetica dell’instabilità, aspetti dell’esistenza che affascinano perché raramente elaborati.