Non riesci a partire se non fai una sgommata…

…passi e travolgi ogni cosa che incontri sulla strada…

Effettivamente nella rozzemilia di fine millennio ci si annoiava assai, fare la gimkana tra le strette vie del centro di un ex paesino rurale era già un bel hype, di coca se ne trovava poca, era ancora l’epoca della cedrata Tassoni… Paesi non più rurali perchè travolti da un’industrializzazione forsennata, capannoni industriali sorti dai terreni requisiti con la riforma agraria, elargiti generosamente dai comuni amministrati dal PCI ai loro intraprendenti elettori, con la promessa di dar lavoro. Lavoro fu e cambiò il paesaggio mentale e quello geografico in un sol colpo. Ma la rozzaggine rimaneva, eccome, la cultura contadina spariva e veniva sostituita da quella del consumo ma senza le luci della ribalta metropolitane. I folks rimanevano tali, solo non avevano più il collo bruciato dal sole delle campagne perchè passavano la vita all’interno di capannoni roventi. Le macchine sostituivano i lavori manuali nei campi e i centri storici si svuotavano a favore di quartieri suburbani, periferie di periferie…

Era quello che veniva (viene?) spacciato per progresso ma in realtà era un sistema socioculturale di massa totalizzante che sarebbe meglio chiamare consumismo. La speranza di ottenere un certo benessere travolgeva tutto, ogni cosa che incontra sula strada, appunto.

Per non essere travolti da un mutamento così repentino gli En manque d’autre prima, gli AFA poi, decisero di raccontare un micromondo grottesco, popolato da personaggi catodici o paesani profeti del nuovo come Maurizio Seymandi e Ottorino Ferrari.

Forse si amano proprio da quel tremendo momento in cui hanno sentito l’impossibilità del loro amore. Si amano, ora, perché si sono già lasciati. Pier Vittorio Tondelli