Il neo noir dei Morphine

Pochi gruppi sono riusciti a ricreare atmosfere noir come i Morphine. L’epoca d’oro del noir sono stati gli anni ’40 però contemporaneo a i nostri, uno scrittore molto importante aveva già dato alle stampe opere che avrebbero rivitalizzato il genere, iniettandolo di fatti storici, James Ellroy. La creazione di paesaggi sonori o di musica che suggeriva la visualizzazione era importante per Mark Sandman, cantante e bassista, e quando si parlava dei testi, l’influenza dei poeti Beats era ovvia, ma quandomiswe in piedi la band nel 1992, era immerso in James Ellroy e il crimine Fiction in generale.
Ed è per questo che quasi tutte le canzoni di Morphine ti fanno sentire come se stessi guidando una cabriolet di notte, troppo veloce, con la capote abbassata (sotto la pioggia), con una bottiglia di liquore e una pistola sul sedile del passeggero.

Non era più il noir pragmatico e nichilista di Hammet o Chandler, era molto più carnale. Il disagio era palpabile fin dal suono, minimale nella strumentazione, basso a due corde, sassofono e batteria, niente chitarre. I due strumenti armonici però raramente suonavano in accordo, creando quel senso di straniamento che ha sempre caratterizzato i Morphine. Il canto da crooner di Sandman rendeva tutto terribilmente notturno, l’immaginario non era più in bianco e nero ma di colori vividi e cupi al tempo stesso.

Non erano un semplice gruppo revival, anche se pescavano a piene mani da jazz e rockabilly ma non c’era nulla dell’energia anfetaminica di quest’ultimo. Il suono del basso era sempre rimbombante e ossessivo, in perfetta sintonia con i tempi sinistri da guerra del golfo e caduta di un equilibrio, quello della guerra fredda.

Anche la fine è da noir pulp, Mark Sandman morirà di attacco cardiaco a Palestrina, durante un concerto. Un classico collasso da rockstar cocainomane? Neanche per sogno, al massimo nicotina, in un palco di periferia e di certo i Morphine erano rimasti un gruppo di culto non avevano mai raggiunto lo status di star…