White Pantera



Sembrava una delle tante esagerazioni da web, invece Phil Anselmo, ex cantante dei Pantera, ha terminato un concerto urlando al microfono “White power”, lo slogan dei separatisti bianchi,con tanto di saluto romano al pubblico. Tutto filmato dall’ormai ubiquo spettatore/cameraman… Siamo nel marzo 2016 ma un episodio simile era già avvenuto circa vent’anni fa ad un concerto dei Pantera. Nell’immaginario italiota si era rimasti ai Blues Brothers e ai nazisti dell’Illinois (1980) però, sommando a questo episodio le invettive razziste del principale candidato repubblicano per le elezioni 2016, ci s’incuriosisce. Donald Trump ricorda un personaggio uscito da un film di John Landis, infatti viene spesso trattato come tale, Phil Anselmo sembra l’altra faccia della medaglia, cresciuto nel sud proletario, povero e segregazionista, gli antipodi della New York intellettuale, ricca e liberal…

Il suprematismo rappresenta la frangia oltranzista dei razzisti, a un passo dal neo-nazismo. I suprematisti sono per lo piu’ individui singoli, fanatici che vivono ai margini della societa’ nutrendosi di odio verso tutte le minoranze. In qualche raro caso formano dei gruppi, affini alle milizie , ma sempre piuttosto localizzati. L’eccezione e’ naturalmente il Ku Klux Klan, formato in Tennesse alla fine della guerra di secessione, per preservare i diritti dei bianchi.

Sarebbe pero’ sbagliato pensare che il suprematismo sia un fenomeno anacronistico del profondo Sud. In realta’ il rifugio ideale dei suprematisti è sempre stato il Midwest. I molteplici movimenti razzisti possono essere ricondotti all’ideologia di David Duke, che nel 1984 propose una risistemazione delle minoranze etniche in zone denominate Minoria, West Israel, New Africa e cosi’ via. Il grosso degli USA sarebbe rimasto puramente ariano. Negli anni ’90 pero’ alcuni suprematisti bianchi hanno ridotto le loro ambizioni: chiedono soltanto che ai bianchi venga garantita una zona del nordovest. Oregon, Washington, Idaho e Montana sono diventate le destinazioni preferite dei suprematisti.

808223_630x354Tutte le volte in cui si parla di segregazione, si parla in realtà di identità debole. I gruppi sociali che esigono separazioni sono anche quelli che al limite si possono considerare minacciati nella loro identità. L’identità è comunque una questione aperta: non esiste, soprattutto ma non solamente nel panorama attuale, un’identità che sia tale da restare immutata, esente dai fenomeni dinamici che avvengono a livello globale. L’identità, soprattutto oggi, diviene un aspetto problematico da costruire e ricostruire: un processo attivo e continuo attraversato da negoziazioni e impegnato in definizioni continuamente “da definire”.

In questo senso, i suprematisti bianchi mostrano la debolezza intrinseca che appartiene ad ogni estremismo: così, l’ideologia estrema diviene sinonimo di identità forte. In realtà, questa eguaglianza è lungi dall’essere veritiera: l’eccesso non corrisponde a criterio identitario.

Che ci sia qualcosa di bianco, di razziale, riferitoall’etnia che possa in qualche modo legittimare e fornire una giustificazione a un movimento che si serve di questi concetti per affermare il proprio diritto di dominio è argomento che aggiunge verità alla tesi dell’identità debole.

Purtroppo, viene da chiedersi che cosa oggi implichi la ricerca e la conquista, se vogliamo, di un’identità: parlo di conquista perché per l’appunto all’identità ci si arriva costruendola. Se non vi sono importanti significati culturali, storici, di valore e di condivisione piena non ci può essere un’identità che possa verosimilmente presentarsi come priva da questioni di pregiudizio, etnocentrismo, discriminazione.

I suprematisti bianchi aggiungono un capitolo a tutti quei tentativi storici che hanno provato a mettere in piedi facili identità da barattare con qualche certezza di cui ci si accontenta per non ammettere, finché è possibile, che si è deboli nel momento in cui si usa la forza per affermare ed attestare la propria esistenza nel mondo sociale.

Grazie a Margherita Lollini per l’interpretazione dei suprematisti bianchi.

http://www.theguardian.com/music/musicblog/2016/feb/02/racism-phil-anselmo-pantera-problem-not-metal-problem