The Orb e il nomadismo psichico



Verso la fine degli ’80 le cose stavano cambiando anche per i tardo hippie, autoesiliati in comuni e radunati intorno a cerimonie pseudo druidiche. La spinta propulsiva era in esaurimento ma ad un certo punto arrivarono le droghe sintetiche  che permettevano un nuovo orizzonte psichedelico. Il cambio di orizzonte imponeva anche un cambio di suoni, i vecchi musicisti folk non potevano più reggere il passo con l’immaginario digitale che le avanguardie cyberpunk cominciavano a diluire anche in ambito pop. Da qui la nascita dei nuovi eroi, i DJ. Da sempre relegati dietro la consolle come alternativa economica a gruppi beat, passarono da una finalità esclusivamente danzereccia ad una intellettuale. Riuscirono, grazie alla tecnica del taglia e cuci a ricreare ambienti sonori innovativi, che chitarra basso e batteria non potevano riprodurre, un po’ come un set di pennelli non avrebbe potuto eseguire le serigrafie di Warhol…

I due The Orb, Alex Patterson e Jimi Cauty non erano tardo Hippy. Il primo lavorava come scout per una piccola etichetta di musica d’avanguardia londinese, il secondo era un terrorista sonoro, già molto attivo con i KLF ad aggredire le classifiche inglesi a suon di campionamenti pirata, dopo settant’anni di registrazioni era il momento di campionarle! Leggenda vuole che tutto sia nato nel privè di una discoteca londinese, un luogo riservato ai VIP, con attitudine agli antipodi dei raduni hippy tenuti nei club tra la fine dei sessanta e l’inizio dei settanta. Ma i due non suonavano arcani dischi folk-psichedelici, grazie piastre a nastro, lettori CD e ad un mixer, fondevano di tutto, dalla new age ai dischi di canto d’uccellini delle BBC…

La musica degli Orb è figlia del suo tempo, invenzione coniata nel postmoderno, ad ossequiare le sue logiche di mosaico, di collage dove il sincretismo crea un accostamento sensato, al di là del concetto stretto di contraddizione. Per cui, compensazione tra anime musicali diverse, dance e rock-and-roll, tenute assieme dalla volontà di fondere creativamente e reciclare ciò che può prendere un’altra forma. Verso un nuovo orizzonte artistico che permetta espressività piena, coi piedi nel suo contesto culturale e non scevro da quell’enfasi sulle droghe sintetiche che si stavano espandendo con tutta la loro carica di psichedelia.

L’ambient è stato il primo grande genere dei 90 ma era più un attitudine che una definizione sonora. I The Orb erano riusciti ad entrare nell’orbita dell’autostrada percorsa dai raver di tutta inghilterra alla ricerca degli spazi liberati dove ballare. Un ambiente ben delimitato anche temporalmente, la notte attorno alle 3 antimeridiane, ricostruendone in un club e poi su disco, i suoni di ogni genere che nel viaggio si potevano ascoltare, dalle stazioni sintonizzate sulle autoradio ai rumori dei boschi da attraversare per arrivare al dancefloor improvvisato.

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